lunedì 6 giugno 2011

Occhio al portafoglio!

Atti degli Apostoli 4,34-37

Nessuno infatti tra loro era bisognoso,
quanti infatti erano proprietari di terreni o di case
vendendo portavano i ricavi delle vendite
e deponevano ai piedi degli apostoli,
poi si distribuiva a ciascuno
a seconda che qualcuno avesse bisogno.
Giuseppe poi, 
quello soprannominato dagli apostoli Bàrnaba,
che tradotto significa «figlio dell'esortazione»,
un levita nativo di Cipro,
venduto un campo di sua proprietà
portò il ricavato e depose ai piedi degli apostoli.



Spesso, quando parliamo di carità, pensiamo sempre a qualche gesto o attività nei confronti dei poveri, dei bisognosi.
La qual cosa dovrebbe chiamarsi "FILANTROPIA", cioè una virtù umanissima; ogni essere umano dovrebbe coltivarla e averla nei confronti dei propri simili.
Dar da bere agli assetati, dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, accogliere i profughi che sbarcano, sostenere i disoccupati, dare una casa a chi non l'ha, visitare gli ammalati, aiutare i terremotati, etc. etc.
Son tutte azioni queste che sono inscritte nel DNA umano: solidarietà e condivisione coi propri simili.


Quello che accade nella prima comunità cristiana di Gerusalemme è qualcosa di diverso. Non è solo un gesto filantropico.
E' una rivoluzione copernicana, qualcosa di più profondo. Da non semplificare e banalizzare dicendo che è la nascita del "comunismo" cristiano.
(Non si dice che i proprietari vendevano TUTTE le loro proprietà: vendevano qualcosa, un campo, un appartamento).


Nasce, si può dire, una fraternità nuova, ALL'INTERNO dei credenti.
Infatti non si tratta di gesti di aiuto ai bisognosi,
ma si tratta di un mettere a disposizione della comunità i propri averi.
Chi vende non da i soldi ai poveri.
Chi vende porta il ricavato agli apostoli,
e poi, successivamente, la comunità viene incontro ai bisogni dei suoi membri.


Questo sistema "chiuso" può essere certo criticato ("E i poveri non cristiani??? Dove li mettiamo?).
Ma occorre tener presente che la Chiesa non nasce come associazione caritativa, come la Croce Rossa degli infiniti bisogni del mondo.


Penso che questa "carità" tra cristiani sia un terreno su cui lavorare molti.
Perchè carità non è solo dare un'elemosina per le emergenze dei terremotati o altro...
Carità è prima di tutto uno stile di condivisione tra fratelli,
un liberarsi dalle "proprietà",
o meglio un "espropriarsi" volontariamente e liberamente delle proprie ricchezze, affidandosi ad una comunità.


E' un aspetto questo molto presente nelle sette (Scientology, Testimoni di Geova, etc.), dove però spesso assume i contorni del plagio e della sottomissione economica.
Non è certo questo il modo.


La comunione e la condivisione all'interno della comunità cristiana deve essere sempre liberà e volontaria.
Ed è certamente una maturità da raggiungere: se non amo il mio fratello che vedo, come posso amare Dio che non vedo?


Per cui, pensiamoci bene prima di diventare cristiani!
Se davvero vogliamo diventare cristiani... prima o poi dobbiamo mettere mano al portafoglio.

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