sabato 30 aprile 2011

Se mi sbaglio mi corriggerete! Il primo discorso del Papa

Masaccio, "S. Pietro in Trono", Cappella Brancacci-Firenze
Atti degli Apostoli 1, 15-19


In quei giorni Pietro disse: 
«Fratelli,
era necessario che si compisse
ciò che nella Scrittura fu predetto
dallo Spirito Santo per bocca di Davide
riguardo a Giuda,
diventato la guida di quelli che arrestarono Gesù. 
Egli infatti era stato del nostro numero
e aveva avuto in sorte lo stesso nostro ministero.
Giuda dunque comprò un campo con il prezzo del suo delitto
e poi, precipitando,
si squarciò e si sparsero tutte le sue viscere.
La cosa è divenuta nota a tutti gli abitanti di Gerusalemme,
e così quel campo, nella loro lingua, è stato chiamato
Akeldamà, cioè «Campo del sangue».


Siamo alla vigilia della beatificazione di papa Giovanni Paolo II, che ricordiamo con gioia e gratitudine. In questi giorni abbiamo tutti sentito e rivisto le sue prime parole da papa, con quella famosa frase: "Se mi sbaglio mi corriggerete".


E' curioso ritrovare anche nel primo discorso del primo papa (Shimon-Cefa -Petrus) alcuni errori "stilistici".

  • Sicuramente si vede che Pietro non ha frequentato i corsi di sacra eloquenza e non è contaminato da duemila anni di accomodante "ecclesiastichese". Infatti inizia il primo discorso, il primo doscorso del primo papa della storia, con "GIUDA". Un argomento doloroso, una ferita fresca, uno scandalo enorme, o meglio una persona, addirittura UNO DI NOI, un apostolo traditore, uno che aveva ricevuto il nostro stesso compito, un complice della morte di Gesù. Qualcuno, sicuramente, avrà mormorato: "Senti chi parla! Quello che lo ha rinnegato 3 volte!". Essere apostolo, essere vescovo, essere prete, essere sposati in chiesa, essere battezzati... non è garanzia di fede titanica e granitica. C'è anche per l'apostolo la possibilità del tradimento, del rinnegamento, del rifiuto. Lo Spirito Santo lo dice attraverso la Parola di Dio (non solo per bocca di Davide, e non solo per Giuda): il fedele può diventare infedele, il credente può diventare nemico di Dio, il popolo santo può trasformarsi in popolo peccatore e idolatra. Tutta la Scrittura dice di come il rapporto con Dio non è mai qualcosa di statico e definitivo, ma è una relazione viva, nella quale Dio è fedele, ma l'uomo c'ha le sue altalene...
  • E poi c'è la frase splatter: "Si squarciò e le sue budella si sparsero in giro", seguita da un campo intero ricoperto di sangue. Ma ve lo immaginate un Papa che nel suo primo discorso parla di sangue e budella, di un truculento suicidio? Addirittura delle budella e del sangue di uno dei Dodici. Altro che "andate in tutto il mondo ad annunciare la buona notizia"! Questa è una tragica notizia, che compare su tutte le pagine di cronaca nera di Gerusalemme, nella quale grufolano con gioia i cronisti del caso. Come si è ucciso Giuda? Si è impiccato? Si è gettato dall'alto? Si è accoltellato? Oh papa Pietro! Non potevi parlare di qualche Verità Dottrinale o di qualche Tema Etico o di qualche Impegno Sociale? No, ci parli di sangue e budella sparsi in un campo!
  • Terzo (e ultimo errore, da corriggere): Pietro dice che gli abitanti di Gerusalemme chiamano il campo "NELLA LORO LINGUA" Akeldamà. Nella "LORO" lingua? Piero, Piero... guarda che è la "NOSTRA" lingua! Sei ebreo anche tu come loro. Cos'è? Ti sei già grecizzato e latinizzato in 40 giorni? A meno che... a meno che (e ti chiedo scusa) tu abbia fatto il tuo primo discorso in dialetto galileo (la tua parlata ti tradisce...). E allora sarebbe molto bello immaginare un papa che si affaccia al balcone e fa il suo primo discorso nel dialetto natale (se divento papa io, lo farò in bergamasco!)
Concludendo...
Probabilmente Pietro non c'azzecca con molte cose, dal punto di vista stilistico, ma tuttavia a me mi piace molto.
Primo perchè il primo discorso pontificio della storia inizia con la parola "FRATELLI". Cioè non con sudditi, fedeli, vescovi, laici e altre mostruosità del genere... ma con un semplice fratelli. Cioè io son fratello tra fratelli, e tutti siamo figli di Dio, siamo sulla stessa barca (che non è la barca di Pietro, ma di Dio).
Secondo perchè non parte dai grandi discorsi, non fa un discorso programmatico, non organizza campagne di conquista, non parla di cose astratte, ma parte dalla concretezza (anche se truculenta). Parte da quello che è accaduto, lo rilegge con la Parola di Dio, e propone di andare avanti. Purtroppo noi (compreso qualche successore degli apostoli...) spesso parliamo di quello che vorremmo fare ed essere, usiamo la Parola (e i documenti del Magistero, che Pietro non aveva) per puntellare i nostri progetti, e  non mettiamo mai il dito nelle piaghe, non entriamo mai veramente dentro quello che è accaduto e sta accadendo. Tuttalpiù ci facciamo immagini idealistiche del passato remoto o utopiche infatuazioni futuristiche. Nei nostri discorsi e nei nostri documenti mancano le budella e il sangue, manca la carnalità della vita concreta.
Terzo perchè Pietro capisce e sa parlare la loro lingua. La lingua della gente. Purtroppo spesso, nel corso di duemila anni, molti nella Chiesa hanno disimparato il dialetto. Hanno disimparato, quasi fosse una cosa peccaminosa, a "parlare come si mangia". Abbiamo (mi ci metto anch'io) creato un linguaggio spesso incomprensibile, per eletti, per specialisti, non per i comuni mortali.


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